Descrizione
“Quando la luce si fa poesia
di Antonietta Fulvio
Emozioni in libertà. E la libertà negli occhi. Reale e immaginario si confondono tra i nitidi profili e i contorni sfocati di indecifrabili scatti che come i sogni sono rigorosamente in bianco e nero. Il colore è saturo ma non la poesia che filtra da essi candida come luce soffusa.
Lirismo e leggerezza. Come nell’incedere armonioso di un passo a due. In punta di piedi fra un battito d’ali: quanto basta ad imprimere sulla pellicola visioni sottratte al tempo per sempre.
Millesimi di secondo, attimi di vita rubati agli sguardi con una purezza espressiva che avvicina la fotografia alla poesia. Al verso di Arthur Rimbaud, all’alchimia della parola accessibile a tutti i sensi, amplificata dai bruschi ed enigmatici silenzi. Anche il fotogramma è silenzioso. Ma l’essenza visiva diventa corrispondenza di quella espressiva. In tal senso l’energia, lo spirito libero del poeta francese sembra evocare perfettamente la libertà compositiva delle foto di Paola Casali. è un rimando alla sua verve creativa che inquadra libera-mente ricercando dentro il suo mirino il moto interiore. Per liberare il soggetto da rigide composizioni schematiche riuscendo a carpire al di là delle geometrie visive così come il poeta veggente, teorizzato dallo stesso Rimbaud, riusciva a guardare oltre il proprio tempo.
Il rigore lieve dell’immagine, muta narratrice, avanza come i passi di scarpettte di raso che disegnano cerchi di luce.
“Ho danzato più lieve che un sughero sui flutti” il verso del poeta maledetto (tratto da Le bateau ivre) diventa il sottilissimo fil rouge che srotola le immagini, una dopo l’atra, come sequenze di negativi. Frammenti di una memoria che svela tutta la magia e la potenza evocatrice della fotografia.
La musicalità del verso fa da contralto alla musicalità della danza: corpi e volti che Paola Casali con il suo obiettivo riesce a catturare, nella dinamicità della scena come nella staticità della posa, cogliendone il fascino e il mistero reso alla perfezione dai giochi chiaroscurali quasi si trattasse di virtuosismi pittorici. I più grandi artisti di tutti i tempi, d’altronde, sono stati affascinati dalle danzatrici, dai loro corpi sinuosi: misteriose figure eteree capaci di legare, con i loro acrobatici movimenti, la terra e il cielo nello spazio lungo appena un gesto.
Ma oltre il mirino si rivela la sensibilità della fotografa romana che intuendo movenze e pensieri tesse con eleganza la tela di una storia infinita fatta per immagini: ora costruite scrupolosamente ora carpendo istintivamente la dolcezza di un sorriso, i complici bisbigli sussurrati o l’intensità di occhi che cercano altri occhi e che vagano fissando orizzonti lontani. Inquadrature cinematografiche, quasi felliniane, dove alla dualità del colore della pellicola è accostato il tema della dualità dei soggetti, di una visione spesso giocata sul tema del riflesso: specchi ma anche vetri si prestano a questo delicato gioco visivo. E sono visioni decisamente poetiche che raccontano di luoghi e di sensazioni. Come la tensione emotiva prima del saggio, palpabile tra le dita che cercano di allacciare i nastri di morbide scarpette di raso.
Inseguendo la luce.
Catturandola nella sua mutevolezza. Dopo tutto Panta rei docet: non si può immergere due volte la mano nella stessa acqua del fiume. E per questo ogni scatto è un’opera unica, un gesto irripetibile. Magico.
Alla sublime arte della fotografia, un tempo relegata a Cenerentola delle arti visive ma oggi sempre più ri-scoperta e attraversata appartiene la possibilità di riuscire a fissare briciole di esistenza come a materializzare i sogni. “L’apparecchio fotografico è lo strumento dell’intuizione e della spontaneità, …dimenticando se stessi si arriva alla semplicità d’espressione” asseriva Henri Cartier Bresson. Oggi che la fotografia digitale sembra trasformare tutti in fotografi, le parole del maestro francese suonano come un monito, una regola. D’altronde egli sosteneva che non si poteva imparare a fotografare perchè “la fotografia è un modo di vedere ed è anche un modo di vivere” .
Vivere cogliendo percezioni che all’occhio dei più passano inosservate. Scorgere particolari, cogliere sfumature di luce. Già la luce. Questa alchemica energia capace di regalare l’eternità al nostro sguardo. Perchè fotografare è un’arte che va al di là della mera documentazione, dopotutto sarebbe impossibile poter pensare di riuscire a catturare la realtà nella sua totalità. Si tratta piuttosto di provare ad interpretarla, a ricercarne il senso suggerendo stati d’animo e sensazioni che restano irripetibili nonostante la riproducibilità che consente il mezzo fotografico. Ma al pari di un pennello o di uno scalpello può essere il tramite per comunicare. Per esprimere.
E al fascino del bianco-nero Paola Casali ha affidato il suo ultimo lavoro nel solco di una ricerca che la vede dopo una lunga attività di fotoreporter passare da una foto d’azione ad una foto d’emozione.
E’ approdata così nel Salento, a Trepuzzi, tra le dune selvagge della spiaggia di Casalabate e le luminose sale della scuola di danza, girovagando tra le campagne e il centro storico.
Ed è qui, in questo angolo del Salento sotto il cielo plumbeo di una primavera che tardava ad arrivare, tra le stanze della scuola e un deposito dismesso riscoperto per caso, tra oggetti vecchi di un passato da rottamare e le tracce polverose di un tempo da ricordare che ha inquadrato le sue foto riuscendo a fissare l’essenza stessa della danza. Unita a quel pizzico di follia. Inafferrabile brezza di vento che scompiglia capelli e pensieri.”
Nata a Roma, dove vive e lavora, Paola Casali ha sempre vissuto la fotografia “come la più potente e ricca delle passioni”. Ha collaborato attivamente con un’agenzia romana e una casa editrice italiana. Numerose sono le mostre effettuate e i reportage realizzati in particolare su temi sociali quali la Palestina e il mondo dei nomadi. Foto e reportage sono stati pubblicati su quotidiani nazionali, riviste nazionali e internazionali, libri e copertine di cd musicali.
Tra le collettive recenti si ricordano le esposizioni realizzate: Irlanda; Myanmar: terra senza tempo; Terra di Palestina; nonché le mostre personali realizzate a Venezia (Asymphotos, ottobre 2003), a Lecce (Scape, luglio 2005). Una permanente con 66 pannelli sul tema “dettagli musicali” è esposta dal 2005 presso il Best Western Park Hotel di Piacenza.
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